Nostos-algos, inutili, dolorosi, ricordi, mamma: da incontrastata Regina ad ostaggio è stato un amen, cacciandoti per di più sola soletta in trappola.

Che bella e ancora forte al compimento dei tuoi novant’anni, mamma Iolanda, presso il “Battibecco”, sulla provinciale Trasimeno Ovest, con uno stuolo di parenti e nipoti, che non ti si filavano, né ti si filano nemmeno di striscio.

Eppur ti si disse, mamma Iolanda, che gli accordi van stipulati, quando tuttavia si è forti, ma tu dura come una pietra, nei decenni immutabile, nonostante fossi rimasta da sola, senza la tua colonna portante, babbo Gennaro, morto da quasi quattro anni al tempo.

Addirittura quarant’anni orsono, allorché in una zona di caccia, l’ideale per me e babbo Gennaro, vi proponemmo l’acquisto di una bifamiliare, con qualche migliaio di metri quadrati di terreno, vista su Piazza Grimana, l’Arco Etrusco, da essi separati dal torrente Rio da sette chilometri scarsi di una tortuosa carreggiata.

Eppure!

Tanti affanni e dolorosi ricordi sono spariti nelle tumultuose acque delle nostre vite, mamma Iolanda, con qualche gioia.

Lucrezia Valentina , disavventure di ogni genere, un’apocalisse nel vero senso del termine.

Ovvero, rivelazione, perché ci si fece manifesto su chi poter contare.

Voi due, i miei genitori, senza meno.

Però a distanza.

Chiesa di don Claudio Regni, parroco di San Sisto, in prima fila, quindi il deserto dei Tartari, con la paura di morire senza avere fornito un senso compiuto all’esistenza.

E trascorse inesorabile la vita, com’è nell’ordine delle cose, con alti e bassi, con voi due, mamma, tu e babbo Gennaro, viepiù convinti che niente e nessuno vi avrebbero potuto abbattere.

Fumatore incallito, fino al 1972 sempre con la cicca in mano, a detto vizio pagò dazio in tutte le sue varianti, sino al 2006, quando un tumore all’intestino, due “mele” distanziate di 70 centimetri, sembrarono poter stroncare anche una quercia della siffatta di babbo Gennaro.

Anche in quel terribile frangente vi distingueste per la cocciuta cecità:

no, secondo voi, non di tumore trattavasi, non essendo accettabile che una tal “vergogna” potesse infamarvi!!!!

Passata la festa, gabbato lu santu“, solea dirsi anticamente, ossia scampata la morte, ridagli con le radicate mal abitudini, soprattutto alimentari.

E così fu non appena risorto da quel lettuccio d’ospedale, il Silvestrini, dove tutti lo davano per spacciato, dai parenti più prossimi ai medici, tranne il sottoscritto che ad un mediocre chirurgo, assente fra l’altro al momento dell’intervento, giovedì 06 luglio, presieduto invece da Annibale Donini, il quale se ne usciva scuotendo la capoccetta, intendendo che babbo Gennaro con la minima a 32 sarebbe defunto in nottata, io risposi che il mio genitore si sarebbe assicurato il proprio campionato del mondo così come l’Italia con la odiosa Francia la successiva domenica 09 luglio.

E lei come lo sa?“, interloquì Severini, piegandosi a sinistra, sull’uscio della cameretta, mentre con la destra esercitava pressione sulla maniglia della porta.

Lo so e basta!“, gli risposi, seccato anche dal fatto che, come sopra già rimarcato, mi fossi ben reso conto che quel soggetto non era stato affatto presente in sala operatoria, avendomi garantito invece che assieme ai 70 centimetri di intestino, gli fosse stata tolta pure un’ernia inguinale, episodio che non era punto avvenuto e certificatomi al suo risveglio, allorché babbo Gennaro si rese conto di continuare a soffrire di quel fastidio.

Passai tutta la notte a chiamarlo per nome:

Gennaro, Gennarì, non dormi’!“, perché se avesse chiuso gli occhi, secondo Annibale Donini, non li avrebbe mai più riaperti.

Giungemmo così al 2008, fine ottobre, con infantili testardaggini di entrambi davvero inaccettabili.

Tipo quando una mattina, preoccupato per il gonfiore della sua figura, gli feci notare che ci fosse qualcosa di allarmante, cui provvedere d’immediato.

La risposta fu un tagliente:

Fatti gli affari tuoi, che ai nostri pensiamo benissimo da soli!

Salvo una settimana dopo che non ci eravamo più fatti vedere né sentire, essere di nuovo chiamato/i al capezzale di babbo Gennaro, ché il 118 stava per arrivare a casa e portarselo via.

Dopo una notte da incubo in cardiologia, affidato ad una incapace, con qualche mio brontolio, provvedettero ad estrargli 18, DICIOTTO, litri di liquido eccedente = cuore polmonare o come accidenti si definisca tale criticità.

Fino ad arrivare alla rinuncia alla guida.

Anche in questo caso per niente facile fu il giungere ad un compromesso.

La spinta decisiva fu il quasi investimento di una sua coetanea al mercato del sabato al campo boario tra Via Mentana e Via Campo di Marte.

Incidente evitato per puro miracolo e causato dall’irritazione provocatagli dal mio divieto di imboccare una strada in senso contrario.

Furioso per la mia intromissione, ingranò la retromarcia senza neppure voltarsi e lì, per davvero, la scampammo bella, avendo strusciato soltanto la borsa della spesa dell’anziana signora.

Giunti che fummo nel parcheggio di casa, per la prima volta in vita sua si piegò ai miei consigli, rimettendosi ai nostri servizi, miei e di Elsa, mia moglie.

Sì, nostri, perché, tornati a Perugia nel febbraio del 2010, non c’era pomeriggio che non li accompagnassimo e li tornassimo a prendere al Percorso Verde di Pian di Massiano.

Tutti i giorni, ogni giorno, oltre a provvedere ai rapporti con medici e farmacie.

Il 04 novembre 2012, l’occasione del mio 59° compleanno rappresentò l’ultima possibilità di uscita sulle proprie gambe per babbo Gennaro, che aderì al mio invito al ristorante “La Collina“, accompagnato da mamma Iolanda, dal mio ultimogenito Stefano e dall’oramai imprescindibile Leonardo, mio fratello maggiore.

Le definitive fasi terminali della sua vita le riassunsi in un altro scritto, dedicato alla mia quartogenita, Lucrezia Valentina, quindi saltiamo al post 16 luglio 2013, giorno della morte di babbo Gennaro.

Io ed Elsa continuammo nei servizi essenziali per mia madre senza soluzione di continuità fino a che il 29 dicembre 2021 non ci imbarcammo per il México.

E quando sottolineo essenziali, voglio dire in tutto, proprio tutto.

Irremovibile come sempre, chissà abbia pensato di poter seguitare ad impastare sfoglie di pastasciutta all’infinito, ma così non è stato.

Al compimento del suo 96° compleanno, metaforicamente, ma non troppo, le fu recapitata la “cartolina di fine corsa“, quella che ogni ragionevole persona teme, ma che arriverà per tutti noi, garantito.

Un mese più tardi, infatti, le piombò tra capo e collo, per interezza, la sua vecchiaia.

E furon guai.

Da Regina autoritaria si ritrovò fanciullina ingabbiata.

E le andò tuttavia bene, perché cadde nelle braccia di mio fratello Leonardo, che ospitava da quel lontano gennaio 2013.

Classe 1950, geniale, educato, equilibrato, mai una parola fuori posto, Leonardo, con il quale confligge esclusivamente all’ora di pranzo, quando lei desidererebbe mandar giù qualcosina di appetitoso.

Ed invece!

Invece, lei che viveva all’insegna del motto, che fu ed è anche mio:

Ho sempre fatto quello che mi pare, quando mi parve!“,

si è ritrovata da marzo 2023 totalmente indifesa, sin nelle minuzie piu intime.

Sabato scorso, 13 aprile, al momento del distacco, mentre le baciavo la scarnita testolina, non solo le notavo gli occhi rossi dal pianto, ma pure un lampo di rimpianto nel pensare a quanto sarebbe stata diversa la sua condizione nelle mani amorevoli di Elsa e mie.

Nostos-algos, inutili, dolorosi, ricordi, mamma:

da incontrastata Regina ad ostaggio è stato un amen, cacciandoti per di più sola soletta in trappola.

Leandro Raggiotti

Emiliano Zapata, Morelos, México

18 aprile 2024

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