Mamma, ………!

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“Mamma, ……….!”.

È quasi mezzanotte a cavallo di martedì 07 e mercoledì 08 novembre; fra un’ora e mezza circa salirò sul pullman della Flixbus a “Piazza d’Armi”, pardon “Piazza Partigiani”, Perugia, alla volta di Fiumicino, destinazione México.

Una situazione totalmente rovesciata rispetto a quel martedì 28 dicembre 2021 in cui ci lasciammo in condizioni molto, ma molto diverse.

Mentre la stavo osservando quasi con avidità, per “rubarmi” le pieghe del suo viso, così trasformato negli ultimi 8 mesi, lei classe 1927, 04 febbraio, dal momento nel quale la vecchiaia si è inserita con prepotenza, stavo galoppando all’indietro, nella mia fanciullezza, allorché una notte, avrò avuto cinque, sei anni, non di più, mi risvegliai in un bagno di sudore, oppresso da un’orribile sensazione di schiacciamento, lanciando un grido di spavento:

un enorme piede mi teneva a terra e l’idea della morte, per la prima volta, mi atterriva in tutta la sua, impressionante, grandiosità.

Mamma Iolanda subito si alzò, mi strinse in braccio, prego’ babbo Gennaro di sistemare un lettino a lato del letto matrimoniale, calmandomi, tergendomi la fronte dal sudore e non lasciandomi la manina se non quando la stanchezza prese il sopravvento e quell’angosciante immagine scomparve dal mio cuore, dalla mia mente, permettendo al sonno di impadronirsi, di sopraffare le mie ansie.

Un soffocato singulto sale nell’oscurità della sua camera da letto, interrompendo le mie rimembranze.

“Mamma, stai piangendo?”.

Accendo l’abat-jour e le stringo la mano, cercando di non mostrarle che un’ondata di lacrime mi sta colmando gli occhi.

“No, e’ che mi sento triste al pensiero che non ti rivedrò!”.

“Tornerò, mamma, te lo prometto!”.

Ed è ciò che sento per davvero, consapevole però che ogni giorno che passa, questo ci trova sempre più fragili, più esposti alla morte.

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“M’ha fatto piacere scoprire che tra fratelli vi vogliate bene e non litighiate; ma tu senti freddo, sdraiati qui accanto a me, sotto le coperte:

non t’ammalare; copriti, figlio mio!”.

“No, mamma, non sento freddo, non t’agitare, per favore.

E sì, mamma, anch’io ne sono particolarmente felice, di questa inimmaginabile armonia:

Mariella, la “commercialista” delle tue finanze, si occupa di tutte le incombenze burocratiche e di sabato, in tenuta balneare, si trasforma nella tua “lavanderina”, strofinandoti con energia da capo a piedi.

Ma quello che più mi impressiona è l’attitudine di Leonardo, il quale s’è trasformato in un assistente di prim’ordine:

ti accompagna al bagno, provvede alla tua, giornaliera, toilette, ti pettina, ti medica egregiamente la piaga che ti si è formata sulla schiena con un amore incredibile, ti prepara colazione, alle 08,30, e pranzo alle 12,20 in punto, cucinando alla grande e ti bacia perfino, lui, allergico a quelle che definiva smancerie!!!

Ma il lato più sorprendente è che tu sia contenta di tutto ciò, tu che non dispensavi, una volta adolescenti, adulti, una carezza, una tenerezza, neppure sotto tortura!!!

Lava a mano, stira e cuce!!!

È puntuale negli orari, per te inderogabili:

alle 16,10 ti fa alzare dal riposino pomeridiano, ti prepara quel frullato di frutta, che tu detesti dal profondo dell’anima o ti somministra metà banana, che mandi giù a forza, nemmeno dovessi assumere una pozione di veleno, affrontandovi quindi nell’inderogabile, immancabile, torneo di “151” e “Bazzica e scopa”, gioendo, tu, come una fanciullina ad un’innocente birichinata, quando lo sconfiggi.

Mai lo avrei immaginato sotto questi aspetti!”.

Accenna ad un mesto sorriso, mamma Iolanda, mimetizzando il suo dolore per la mia partenza con la preoccupazione per la mia salute, storcendosile il viso in una smorfia, chiudendo gli occhi e spalancandoli di fronte a chissà quale visione, deglutendo a fatica il dispiacere che la sta avviluppando:

“Ti sono andate tutte storte in vita tua; hai patito ogni forma di sofferenza; non hai avuto, trovato, un attimo di respiro, di sollievo, di pace, fra le tensioni ed incomprensioni con Elisabetta, i due figli abortiti, la morte di Lucrezia Valentina e le preoccupazioni per Stefano, questo tuo, straordinario, figlio, “matto” come un cavallo da corsa:

ti auguro una gran fortuna; vedrai che, prima di morire, ti perverrà un gran bene!”.

Lo stomaco è attanagliato da un soffocante nodo.

È già troppo tardi per lei, che, alle 22,30 in punto, chiude la televisione e prende sonno anche se per poche ore.

“Mamma, ti saluto adesso, perché ti stai ancor più innervosendo, facendomi angosciare:

ciao, mamma, ti voglio bene, a presto!”.

La bacio una volta di più, non volendo mai interrompere quel contatto straordinario; mi imprimo profondamente l’odore della sua testolina in quell’ultimo, irrimandabile, saluto, e spengo finalmente l’abat-jour, portandomi via la tenera rappresentazione di una creatura così indifesa, una invecchiata bambina, una fragilissima bambolina di cristallo, del tutto rimessa alle altrui decisioni, volontà, sovraccarica di dolori di ogni tipo.

Leonardo sta tuttavia sfottendosi su un sito francese coi tifosi del PSG, squadra parigina, sconfitta a Milano per 2 a 1 dal suo club rossonero.

Da solo si propone per accompagnarmi alla fermata del pullman.

È mezzanotte passata, spira un venticello teso, non proprio amichevole, fa freddo, guardo negli occhi il mio, invecchiato, fratello maggiore e gli dico:

“Grazie per tutto!”,

abbracciandolo, contraccambiato.

Leandro Raggiotti

Emiliano Zapata , Morelos, México.

10 novembre 2023

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